I tecnici Alitalia del DC 10

tratto da
http://www.md80.it/bbforum/viewtopic.php?f=58&t=28782#p885914, la storia del DC 10 Alitalia raccontata da uno dei tecnici a bordo:

Buona sera, permettete che mi presenti. Mi chiamo Renato, come da nick, e non uso le maiuscole. Ho lavorato come tecnico per Alitalia, (1958) poi nell’Aviazione Generale, (1983) infine all’ENAV per il reparto Radiomisure. (1988-2006). Oui c’è qualcosa di più completo per chi ha tempo da perdere. http://repata.blogspot.it/
Navigando per il web ho letto quello che ha scritto Fulvio Chianese, e allora volevo aggiungere qualcosa di mio, dato che mi trovavo, per servizio, a seguito di quel volo, con una paura che non riuscivo a controllare, e pregavo che i piloti sapessero gestire le avarie senza ammazzarci tutti. Era l’epoca in cui anche per noi tecnici non c’era pace. Si tornava da un viaggio e si ripartiva subito per un altro. Negli scali ancora non c’era il tecnico fisso, e con poco personale abilitato si seguivano i voli per le varie destinazioni. Ricordo la linee Roma-Milano Malpensa-Lisbona-Caracas-Lima e ritorno, Roma-Bombay-Bangkok-Hongkong-Tokyo e ritorno, Roma-Atene-Bombay-Singapore-Sidney-Melbourne e ritorno, Roma-Rio-Buenos Aires-Santiago e ritorno e infine Roma-Nairobi-Johannesburg e ritorno.
I DC 10 erano da poco in servizio e le avarie ricorrenti riguardavano i motori e gli impianti idraulici. I motori per lo sfregamento delle palette del compressore di alta pressione sul carter e gli alberi a torre che si rompevano, le pompe idrauliche per l’albero di rotazione che comandava la piastra delle pompe Vickers. I difetti delle porte li lasciamo da parte perché riuscimmo a tenerle sotto controllo e le modificammo dopo che all’aereo turco gli si aprì in volo quella di coda e morirono 270 persone. I costruttori non avevano previsto (oltre altre cosette) i portelli di equalizzazione della pressione cabina-bagagliai, e lo sfondamento del pavimento ha tranciato i comandi di coda.
Va bene, dicevo che ero a seguito di quel volo. Si partì da Roma intorno alla mezzanotte. Tutto bene fino a Nairobi, da Nairobi a Johannesburg avemmo la prima registrazione di temperatura più alta al mot. 3. roba di 50 o 60 gradi. Facemmo i controlli al motore con il boroscopio e notammo le palette del compressore di alta leggermente sbeccate. Non ricordo di preciso in quale stadio. Erano appena dentro i limiti di tolleranza, ne parlammo con la base e decidemmo di firmare l’efficienza sul qtb: “riscontrata usura palette … bla-bla … al limite della tolleranza come da Manuale di Manutenzione cap. x pag. y, ecc. … vedi richiesta e autorizzazione ing. di Servizio”.
Non ricordo dopo quanto tempo sentimmo lo scossone, che non era dovuto a turbolenza. Una hostess, non fu la Pelgalli, venne a cercarci e ci portò in cabina, dove il com. Frappi volle riprovare ad avviare il motore. Andammo in fondo alla cabina per vedere cosa succedeva allo scarico e vedemmo la lunga fiammata. Cosa che avviene quando la compressione al motore non c’è più, o quasi, e arriva solo il carburante alle camere di combustione. I passeggeri notarono la nostra corsa di ritorno in cabina di pilotaggio per riferire al comandante, e qualche passeggero seppe fare due più due. Qualcuno ci domandò cosa stesse succedendo e in qualche modo riuscimmo a tranquillizzarlo, poi venimmo sapere che anche il sistema idraulico n° 2 ci aveva abbandonato e ci sentimmo molto più allegri di prima. Un pò come quando a un paziente gli dici: non è mal di pancia, è appendicite. I controlli al motore, dopo l’atterraggio a Nairobi, ci lasciarono stupefatti. Le palette non c’erano più. Il compressore era vuoto! Solo qualche moncone di paletta alla radice, qua e la. Il motore di ricambio arrivò con ritardo. L’aereo che lo avrebbe dovuto portare intero non aveva l’autonomia per deviare la zona di guerra intorno al Cairo, e allora arrivò splittato, su due pallet. Assieme al motore vennero altri tecnici con le attrezzature per rimontarlo. Intanto io facevo il lavaggio dell’impianto idraulico e le dovute prove, prima della rimozione/installazione, e le prove del nuovo motore. Quando ripartimmo, come da racconto del com.te Chianese, successe che Frappi volle chiudere il mot. 1 per precauzione, ma fu proprio il 3 a rifare il “botto”, il motore nuovo, capite? Successe nel preciso istante che io parlavo con un membro di equipaggio, chissà se non proprio Chianese? Gli stavo dicendo che, sommando le ore di volo con due motori da Johnnersbrg-Nairobi, e quelle che avremmo fatto, nessuno altro equipaggio gli avrebbe “fregato” il record: booomm, botto e scossone. Lui tornò in cabina per “lavorare”, mentre io mi facevo un paio di conti in questo modo: un paio di settimane prima cambiammo un motore per stessi difetti a Singapore: temperatura di 50 60 gradi più alta e poi rottura di palette del compressore. Adesso stesso difetto su motore 3, sostituito, e mot, 1 chiuso per non fargli fargli fare la stessa fine. Dunque il motore appena sostituito “andato”, quanto dureranno il mot. 2 e il mot. 1 difettoso? Faremo un atterraggio di emergenza nel deserto? Fammi dare un’occhiata al tecnico delle General Electric, (stava a bordo con noi e l’avevano mandato per studiare la faccenda) mai visto prima ma lo vedo tranquillo e mi tranquillizzo pure io. Era bianco come un panno passato con la candeggina e stava fissando la paratia che aveva davanti, forse pregava, forse malediva il mestiere che aveva scelto. Avevo paura e mi faceva male lo stomaco e anche gli altri non scherzavano più. Oltre al sottoscritto, soltanto uno di quei tecnici che erano a bordo continuò a volare. Gli altri ci rinunciarono per sempre, nemmeno i biglietti free usarono più, ed io ero destinato a salvarmi per miracolo, successivamente. In un volo prova con un p-66, dopo revisione, ci si ferma il motore (a secco per indicazione errata del carburante) la fortuna che il carburante è finito mentre sorvolavamo dei campi vicino a Monterotondo e non sulla città, prima dell’atterraggio all’Urbe. Una breve corsa di atterraggio sui solchi arati e il ruotino che fa da perno sul terreno. finiti a testa in giù, ma nemmeno un graffio. Ora sono in pensione, dopo 48 anni di Aeronautica. E la nostalgia che mi porta a riempire i preferiti con tutti i siti di aviazione e a leggervi con piacere. Un caro saluto. Renato.
PS: scusate eventuali errori nel testo, spero sia comunque comprensibile, non ripasso per correggere.